L'universo di Margherita

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Capitolo 1

margherita

M

argherita. È un fiore semplice e bello, un fiore comune, anzi “popolare”, che riempie i campi a giugno, proprio il mese del mio compleanno. Ed è il nome che hanno scelto per me i miei genitori. Erano in sintonia con la natura e vedevano in tutti gli esseri viventi qualcosa di prezioso, da amare e rispettare. Mi hanno insegnato l’amore per la libertà e la giustizia. Margherita, un nome che è quasi un simbolo del loro modo di vedere la vita.


Ero figlia unica e spesso sentivo la mancanza di altri bambini con cui giocare. Ma i miei, soprattutto il babbo, giocavano con me. Lui mi insegnò fin da piccola a giocare a palla, ad arrampicarmi sulle grosse canne di bambù, a fare amicizia con tutti i cani e i gatti che trovavamo per strada. La mamma pure giocava con me, anche se aveva meno tempo. Infatti fu lei a sostenere la famiglia, dopo che il babbo fu licenziato perché non iscritto al partito fascista. Andavano molto d’accordo fra loro e quando litigavano era sempre per qualche motivo quasi infantile. Quando decidevano di uscire era un avvenimento: la mattina presto, si faceva colazione sull’erba al viale dei Colli o in un giardino pubblico chiamato il Bobolino. Preparavano i thermos col caffelatte, il pane imburrato, la marmellata e il miele e si partiva da casa come per un’avventura, anche se la nostra meta era a soli quindici minuti di strada, naturalmente a piedi, dalla vecchia casa di via Ximenes, vicino al Poggio Imperiale. Dai miei genitori ho ricevuto un’educazione molto anticonvenzionale. Ho ereditato, in modo del tutto naturale, la tolleranza per ogni diversità di religione, razza, sesso, stile di vita. Non soddisfatti delle loro religioni – cattolica la mamma e protestante il babbo – avevano aderito con entusiasmo alla teosofia, una filosofia indiana che predica il rispetto di tutti gli esseri viventi e io così sin da piccola sono stata vegetariana: non ho mai mangiato carne in vita mia, e la carne, in effetti, mi ripugna.

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Questo rispetto e questa tolleranza sono alla base delle mie convinzioni etiche, anche se della teosofia non ho mai accettato le credenze sulla reincarnazione, e anzi consideravo i teosofi un po’ matti. Tolleranza e libertà ancora più sorprendenti, se penso che sono nata nel 1922, proprio l’anno in cui Mussolini e il fascismo presero il potere in Italia, iniziando un ventennio di dittatura che si concluse solo con la guerra mondiale. Sono passati più di ottant’anni da quando sono nata a Firenze, in una casa poco lontana da Campo di Marte, che allora era un enorme prato che serviva da aeroporto per i piccoli aerei con le ali di tela, pilotati dal mitico Vasco Magrini. Ottant’anni: sembra ieri e mille anni fa! Sembra ieri perché mi ricordo di quella bambina che giocava con il cerchio nel grande prato, e del piglio allegro e risoluto con cui affrontava le cose e le persone nuove, lo stesso che mi sento dentro adesso. Non mi sono mai fatta intimidire, anche se da giovane ero chiusa e introversa. Ho sempre avuto difficoltà a comunicare col prossimo, ma il mio carattere competitivo mi ha aiutato più di una volta nella vita a vincere importanti gare di atletica e a diventare una scienziata di successo internazionale. Ricordo le strade di Firenze percorse da pedoni e biciclette, le strade di campagna polverose e piene di buche, su cui passavano grandi cavalli da tiro agganciati a carri sferraglianti, i tram gialli e rossi della mia infanzia. Poi

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un’ordinanza dall’alto li volle tutti di un verde pallido, quasi grigiastro, uguali in tutta Italia, un colore che è sopravvissuto fino a pochi decenni fa. La notte le strade erano scarsamente illuminate e le auto di tutta la città si contavano sulle dita di una mano. Ma ottant’anni sembrano anche mille, se penso a come è cambiato il mondo, la mia città, l’Italia, la scienza, e in particolare l’astrofisica: quello che oggi si sa di stelle, galassie, Universo… praticamente tutto lo si è scoperto nel corso della mia vita. All’inizio degli anni Venti del secolo scorso, l’Universo conosciuto era tutto sommato piccolo e tranquillo. Non si sapeva che esistono miliardi di galassie e che ogni galassia è formata da centinaia o migliaia di miliardi di stelle, che molte di queste stelle sono anche cento volte più grandi del nostro Sole e hanno una vita movimentata e burrascosa. Non si sapeva che esistono fenomeni come i buchi neri, le esplosioni di raggi gamma, le quasar, che producono quantità di energia inimmaginabili a volte in un lampo brevissimo, che ci sono molti altri sistemi solari simili al nostro e che quindi la vita può essere un fenomeno relativamente comune; non si sapeva che l’Universo ha avuto origine dal Big Bang, un’esplosione primordiale, di cui ancora oggi si sente l’eco nello spazio. È come se si fossero via via aperte tante finestre, che ci hanno permesso finalmente di vedere il mondo esterno. Ho vissuto vent’anni di fascismo, ho visto i miei compagni e professori ebrei cacciati da scuola da un giorno

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all’altro, in conseguenza delle infami leggi razziali che Mussolini promulgò, scimmiottando Hitler. Un fatto che mi ferì profondamente per la sua vergognosa ingiustizia e mi fece capire cos’era una dittatura. Ho visto una guerra mondiale, ho partecipato alla ricostruzione dell’Italia, al passaggio dalla monarchia alla repubblica e alla nascita della democrazia. Ho condiviso con molti la speranza, poi delusa, di vedere realizzati gli ideali di uguaglianza e giustizia nei paesi socialisti e comunisti. Ho imparato a fare politica scientifica nella direzione e nel coordinamento di organismi di ricerca italiani e stranieri e, come cittadina, nelle istituzioni pubbliche. Ho assistito all’ingresso della tecnologia nella nostra vita: automobile, aeroplano, telefono, televisione. E ai progressi della medicina: gli antibiotici, solo per fare un esempio, sono diventati di uso comune solo dopo la seconda guerra mondiale. Prima si moriva per malattie che oggi sono uno scherzetto che passa in pochi giorni. Per non parlare dei computer e dell’elettronica, di Internet e dei cellulari. La società di oggi e in particolare i giovani sono molto più liberi da ipocrisie e condizionamenti sociali e religiosi; i rapporti fra genitori e figli sono molto più simili a rapporti fra compagni (e in questo la mia famiglia era avanti di un secolo), le differenze fra classi sociali sono molto meno visibili, l’istruzione pubblica è molto più diffusa. Enormi conquiste, di cui non ci rendiamo abbastanza conto, sono l’obbligo scolastico per tutti e la

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liberalizzazione dell’accesso all’università da qualsiasi scuola superiore, le cure mediche e ospedaliere garantite, il non conformismo e la comodità del vestire. Una volta le signore della media e piccola borghesia, per esempio, non sarebbero mai uscite di casa senza il cappello, che le distingueva dalle operaie. La società non si preoccupa più dello stato civile delle coppie di fatto o regolarmente sposate, come avveniva sessant’anni fa, e anche verso gli omosessuali la popolazione è molto più tollerante e aperta di quanto siano molti governanti. Stupisce, quasi, come una persona possa adattarsi e apprezzare così tanti cambiamenti. Certo non sono una che rimpiange il passato, o che si lamenta dei giovani d’oggi con un’espressione di disappunto sul viso! A me piace cambiare e mi piacciono i giovani. Anzi, non mi pesano i miei ottanta e più anni e mi sento ancora oggi com’ero a venti, con la stessa voglia di vivere, di godermi una bella giornata di sole, una tempesta di lampi e tuoni, con la stessa voglia di correre in mezzo al verde o di macinare chilometri in bicicletta.

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